Che cosa hanno in comune gli insegnamenti Vedici con l’antica via giapponese del Samurai?
La risposta è molto semplice: Il rispetto.
Conosci la parola sanscrita Namastè?
“La mia anima onora la tua. Io onoro l’amore, la luce, la bellezza, la verità e gentilezza in te. Condividendo queste cose tra noi non ci sono distanze e né differenze. Noi siamo la stessa cosa. Noi siamo Uno.”
Era tipico delle società vediche (e post vediche) e dell’antico Giappone inchinarsi per mostrare rispetto e onorare il divino nell’altro. Namaste vuole dire proprio questo: onorare il divino che c’è in ognuno di noi poiché esso fa parte di un’unica imperscrutabile Sostanza.
Er Li ci ha lasciato queste parole (dal Dao De Ching di Lao Tzu):
Il Tao di cui si può parlare non è l’eterno Tao,
il nome che può essere nominato non è l’eterno nome.
(Trad. di Siao Sci-yi)
Ho chiesto a Marco di parlarmi della cultura vedica e del Bushido in relazione al loro codice d’onore o di rispetto. Ne è scaturita una interessante conversazione che vi riporto scritta in forma di articolo.
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Nell’odierna cultura di dominio e prevaricazione l’atto di inchinarsi è visto come segno di arresa e debolezza. Nella cultura vedica (che ha almeno 10 mila anni) e nel Bushido, chi si inchina dimostra di avere grande onore e rispetto verso il prossimo.
Come?
Nei veda risulta chiaro il concetto che siamo tutti anime e che è solo l’involucro materiale a creare differenze nella forma ma non nella sostanza. E siccome ogni essere vivente è parte inscindibile di Dio (Dao, Krishna etc.) la si onora con un inchino.
Il Codice del Bushido prevede di onorare sempre il prossimo, che sia un nostro amico o “nemico”.
Prima di ogni battaglia i Samurai profumavano il loro elmo con dell’incenso. Nel caso fossero caduti in battaglia, la loro testa avrebbe emanato un profumo gradevole per rispetto del loro nemico. Un atto del tutto opposto a cosa accade oggi in guerra. Nell’antica cultura vedica, attraverso i testi vedici che abbiamo a disposizione, si nota come i guerrieri di un tempo avevano un profondo rispetto del loro nemico.
Nel Mahabharata c’è una storia interessante che vede protagonista Arjuna, Kshatriya eroe delle epica Vediche e pupillo del potente Krishna. Costretto a fuggire dal proprio paese natale (insieme ad alcuni fratelli) va alla ricerca della principessa Panchala per chiederla in sposa (consigliati da Vyasadeva, scrittore delle epiche Vediche). I fratelli erano ansiosi di raggiungere la loro destinazione così viaggiarono giorno e notte. Finché li fermò una presenza oscura, minacciandoli di morte per aver osato addentrarsi nel suo territorio durante le ore notturne, poiché la notte apparteneva solo agli Yaksha, Gandharva e ai Rakshasa (esseri di natura violenta etc.). La presenza li sfida, sfoderando il suo enorme arco. Arjuna non si fa intimidire e, affrontando mille frecce, sconfigge il nemico. Deciso ad ucciderlo, la moglie del Gandharva gli si para davanti, implorando pietà. Arjuna, commosso, concede ai due la libertà. La risposta dello sconfitto fu di gratitudine, tanto che donò ad Arjuna la capacità di vedere attraverso i Tre Mondi, alcuni cavalli (per viaggiare comodi) e consiglia loro di trovarsi un sacerdote come guida per ottenere più fortuna. Arjuna, grato per i consigli (era un fuggitivo di guerra dopotutto), insegna al Gandharva (che lo aveva attaccato con intenzioni malevole) un mantra segreto in grado di evocare un’arma molto potente. Tuttavia, Arjuna risponde ai doni del Gandharva con queste parole: “Adesso non prenderò nulla da te. Non desidero la tua conoscenza, e non posso prendere i cavalli. O grande Gandharva, mi BASTA LA TUA AMICIZIA. Un giorno forse i cavalli mi serviranno.”
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Le guerre condotte nell’antico Giappone da coloro che seguivano il Bushido avevano un codice ben preciso. I cavalieri potevano combattere solo contro i cavalieri, gli arcieri contro gli arcieri. Etc. Il codice poneva entrambi gli eserciti a pari livello. Chi combatteva di spada combatteva altri spadaccini. Un cavaliere non sarebbe andato a colpire qualcuno senza cavallo, poiché la sua posizione di vantaggio non doveva essere usata come segno irrispettoso per coloro che combattevano con altri mezzi. Non esistevano dunque gli attacchi di spalle.
Il Ninja era visto come una figura disonorevole, poiché nascondeva se stesso e agiva nell’ombra. Il Ninja è l’assassino per eccellenza e veniva ingaggiato per uccidere in modo meschino. La loro identità era nascosta poiché simboleggiava l’infamia.
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Il Bushido è il codice di condotta del Samurai. Un codice che prevedeva di aderire a delle virtù: la Verità, l’Onore, la Compassione e il Rispetto.
Samurai è una parola che nella sua definizione ultima combacia perfettamente con il concetto Vedico di “servizio”, cioè vedere ogni individuo come qualcosa di più grande , riconoscere (proprio come il significato della parola Namastè) quella sostanza unica che ci lega l’uno all’altro. I Samurai erano al servizio del Signore, vivevano nei Feudi, e prestavano la loro completa attenzione per uno scopo che credevano più grande, come il bene della società in cui vivevano etc.
Samurai significa appunto Servitore.
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La storia modifica l’uomo o forse è meglio dire che l’uomo modifica la storia, e col tempo queste leggi morali, quest’etica di rispetto, è andata evolvendosi e deteriorandosi. Attualmente le guerre in corso non hanno nulla a che vedere con la condotta morale dei Samurai o della via del Bushido, né tantomeno con le figure mitiche di Krishna e Arjuna. Oggi uccidiamo senza guardare in volto la nostra vittima, ci basta un computer e un drone. Le bombe cadono sulle palazzine e uccidono indistintamente donne, uomini e bambini.

Le guerre non hanno un vero valore umanitario, sia combattute con un codice che senza. Non è nostra intenzione riferire che una guerra era migliore di un’altra, ma di certo l’atteggiamento è molto diverso. Le guerre del rispetto non uccidono a prescindere e forse dobbiamo davvero imparare qualcosa da questi antichi codici morali. I Veda spiegano chiaramente, attraverso Krishna e altri maestri, che è prerogativa dei mondi materiali La Guerra. Non dobbiamo però sentirci scoraggiati ma, anzi, guardare al futuro con uno sguardo di piena consapevolezza. Connettere il buono donatoci dai maestri del passato con le conoscenze del nostro “futuro” o presente.
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Quando i Samurai si accorgevano che i Signori a cui prestavano servizio non avevano più la verità dentro di loro, avevano perso un certo codice di condotta (corrotti dalle passioni e dall’ignoranza), diventavano dei Ronin. Il Ronin era un servitore ma senza padrone. Diventare Ronin era un vero atto di ribellione.
Pertanto Marco mi menzionò due film abbastanza conosciuti che vi consigliamo di guardare.
47 Ronin
I Ronin erano dunque Samurai che si rifiutavano di seguire il proprio padrone che aveva perso quella che per loro era una condotta onorevole.
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Nella cultura vedica troviamo una figura molto simile, chiamata: Kshatriya Dharma, che è il codice di condotta del guerriero. Anch’esso è visto come servitore. Il termine Kshatriya contiene due termine: aggredire e proteggere. Questi guerrieri dovevano imparare a combattere poiché talvolta la violenza era necessaria per proteggere i principi religiosi (del tempo). Lo Kshatriya aveva il dovere di difendere i cittadini in difficoltà e da ogni difficoltà. Ricorreva alla violenza solo in caso di estrema necessità, come essere attaccati da un contingente nemico.
E’ molto importante notare e sottolineare che la formazione di questi guerrieri nacque come presa di consapevolezza nei confronti della natura materiale, poiché si era coscienti che prima o poi (proprio per natura delle cose) ci sarebbero stati degli scontri.
Er Li nel Dao De Ching ci ha lasciato parole immortali in riferimento a quanto detto fino ad ora. Da queste parole possiamo comprendere il motivo di tali scelte, della necessità di avere un esercito da una parte ma anche una condotta morale al fine di mantenersi quanto più vicini alla Virtù.
Perduta la Via poi venne la Virtù;
Perduta la Virtù poi venne l’Umanità;
Perduta l’Umanità poi venne la Giustizia;
Perduta la Giustizia poi venne l’Etichetta.
(Trad. di Girolamo Mancuso)
Marco mi ha fatto poi l’esempio di quello che accade oggi.
Le prigioni nascono nel momento in cui si prevede che qualcuno si comporterà male e, dunque, si ha la necessità di adottare delle misure in previsione di un ipotetico atto criminale.
Le azioni sono le stesse, ciò che cambia è il metodo di condotta.
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Altro aspetto importante delle antiche culture, per i Veda il Re era il primo Servitore, poiché era il responsabile di tutti (del suo popolo, della natura, dei guerrieri etc.) e come tale se ne prendeva cura. Ogni elemento che componeva lo Stato era fondamentale, proprio come lo sono gli organi per il corpo. Ognuno con mansioni e scopi differenti, mantenevano lo Stato vivo, la violenza era prevista come una difesa personale da aggressione esterna.
Queste sono le otto regole del guerriero Kshatriya (da cui poi sarebbe derivato il Samurai).
- Rispettare il proprio maestro, non essere presuntuosi;
- Perseverare nella pratica, non abbandonare;
- Unire tutti gli stili, non rifiutare gli altri stili;
- Rispettare tutti gli esseri viventi;
- Purificarsi, non essere lussuriosi;
- Rispettare sempre il principio Kshatriya, l’eterno e sacro codice del guerriero;
- Difendere la giustizia, non rimanere indifferenti;
- Trasmettere l’arte Kshatriya solo a chi ne è degno.
Per gli antichi guerrieri, Kshatriya o Samurai, il concetto di servire gli altri prima di se stessi è la radice della loro etica, il non adempimento di questo compito è un atto disonorevole. L’atteggiamento di servizio al prossimo era in allineamento con le leggi cosmiche, dunque un atto in sintonia con la Vita stessa. Di fatti, la Natura dona. Da un chicco di riso nasce una spiga con oltre 100 altri chicchi (fino a 200). Ma la vita è anche un ecosistema molto delicato e spesso violento. La violenza è anch’essa al servizio della natura materiale e non è giudicata in quanto atto deplorevole ma come parte del tutto. I crimini che si stanno commettendo contro gli animali nelle industrie della carne e del latte, non hanno nulla a che vedere con il comportamento violento di un leone o un serpente. Il primo è parte di un sistema senza rispetto, l’altro è integrato perfettamente nella propria natura, ovvero ha lo scopo di mantenere un equilibrio.
Questa nuova umanità ha dimenticato un certo atteggiamento morale. Sin dalla sua comparsa l’uomo sapiens ha portato sventura e distruzione a tutti i popoli della terra (di acqua, terra e aria) ma fortunatamente anche una consapevolezza che non si era mai vista prima sul nostro Pianeta, una consapevolezza che ci è stata tramandata da qualcuno di cui non abbiamo più memoria.
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